sabato 15 ottobre 2011

Red House Painters - The youth who dream suicide (Retrospective)

Red House Painters
Di rado trovo la forza di parlare di storie di cui non se ne sente il bisogno, ma quando il nuovo panorama musicale non riesce ad offrire nulla di soddisfacente, l'unica cosa che rimane per consolarsi è ripiegarsi sulle band della vera scena alternativa internazionale.

Seppur i Red House Painters sono stati un gruppo pioniere di generi come lo Slowcore, ed anche progenitori del rock alternativo, sono stati affuscati purtroppo dal fanomeno Grunge di Seattle. Questa band, proveniente da San Francisco in comune con quelle con camicie di flanella e jeans strappati, hanno in comune l'ex tossicodipendenza del loro leader, e lo stesso modo di far confluire nella musica tutti i loro tormenti.
Mark Kozelek, il poeta, l'artefice di tristi nenie scritte per la band malinconica per eccellenza, esordiente nel 1992 con un demo, che Mark invia nei primi anni '90 alla 4AD, che il titolare Ivo Watts-Russel decise di pubblicare così com'era, consegnandoci quindi un gioiello davvero prezioso.

Solo andando a ritroso capiamo come sono andate veramente le cose, ascoltando i primi album dei Red House Painters, ci si accorge che in fin dei conti non erano i soli Slint, Low o i Codeine ad influenzare svariate band che poi fecero aggiungere quel famoso Post al genere Rock, dal giovane critico Simon Reynolds. Come ci spiega il buon Piero Scaruffi, il cantante Mark Kozelek ha da sempre negato di essersi ispirtato a canatutori meno conosciuti come Jandek o Nick Drake, ma invece emerge che nei suoi ascolti c'erano Cat Stevens e John Denver.
Le liriche di Mark Kozelek sembrano ispirarsi al pessimista Emil Cioran, quel famoso filosofo rumeno divenuto apolide, perennemente insonne, autore di amari epitaffi che si sposano con i primi testi della band statunitense. Prendiamo "24" il brano d'apertura di "Down Colorful Hill":



"so it's not loaded stadiums or ballparks

and we're not kids on swingsets on the blacktop
and i thought at fifteen that i'd have it down by sixteen
and twenty-four keeps breathing in my face
like a mad whore
and twenty-four keeps pounding at my door
like a friend you don't want to see
oldness comes with a smile
to every love given child
oldness comes to rile

the youth who dream suicide".

Imprescindibili sono le ultime parole: "i giovani che sognano il suicidio", farla finita è un'idea che rende sopportabile la vita, diceva Cioran. Mark è un tipo struggente, in cui i suoi lamenti sono manifestati attraverso il suo canto, il suo scontare le proprie pene rimanendo in vita.



I successori di "Down Colorful Hil" sono gli omonimi "Red House Painters" del 1993 e nello stesso anno "R
Red House Painters Mark Kozelek
ed House Painters (II), poi l'album di transizione "Ocean Beach" del 1995, un lavoro che getta i semi della futura svolta Country, ma dove è contenuta anche la bella "San Geronimo".

Il quinto album segna la rottura con la casa discografica 4AD e "Songs For a Blue Guitar" esce per l'etichetta del regista John Hughes, la Supreme Recording e distribuito dalla Island Records nel 1996. La 4AD in seguito dichiarò che la cessione dei Red House Painters è stata la più difficile decisione presa dalla label, che nel frattempo pubblica, nel 1998 un doppio disco dal nome "Retrospective".
Il quinto album "Songs For a Blue Guitar" segna un grande declino per le sorti della band, pressappoco solitarie di Mark Kozelek.



Dal '96 la band entra in un silenzio, che li porta dopo alcuni anni allo scioglimento. Nel 1998 era pronto il nuovo album che avrebbe dovuto rilanciarli, ma a causa di vicessitudini legate alla nuova etichetta e la Island, "Old Ramon" vede la luce soltando nel 2001 per la Sub Pop.

Durante questa fase, Mark da vita al suo primo lavoro solista "Rock 'n' Roll Singer Ep" e proprio nel 2001 esce anche il primo album "What's the Next to the Moon", un capolavoro in cui emerge il vero Nick Drake che risiede nell'ormai ex RHP. L'anno successivo è la volta della sua nuova avventura i Sun Kill Moon, con cui dà alle stampe il primo album nel 2003 "Ghosts of the Great Highway", per l'etichetta creata da lui stesso, la Caldo Verde Records. La prima uscita della neonata etichetta è "Tiny Cities" nel 2005. L'attività di questa nuova band mostra di essere più adatta al suo stile, e le produzioni prendono una piega regolare che li porterà a pubblicare un nuovo album nel 2008, dal nome "April" che contiene le belle "Lucky Man" e "Like the River".
Nel 2010 esce un album magnifico, l'apice della splendida carriera di Mark Kozelek, "Admiral Fell Promises", ne sono la prova pezzi quali "Third of Seneca" o la bella "Church Of The Pines", dove nel finale possiamo ascoltare queste parole:

"From the hills I look up at stars
And feel the darkness swell like a bruise
And in my head, I'm playing with words
I scramble and strain to find the right ones
sometimes there are none.
sometimes they don't come".

I musicisti che hanno ereditato quella grande malinconia dal primo Mark Kozelek sono stati Vic Chesnutt, Elliott Smith e Mark Linkus (Sparklehorse), tutti e tre scomparsi togliendosi la vita.

Per molti, la vita non è un dono meraviglioso e questa loro consapevolezza, a volte la si percepisce nella loro arte, ma inspiegabilmente un suicidio li porta via, resta quel gran contributo artistico, che rimarrà indelebile per sempre. C'è chi resiste, ma rimane nel buio, dove rimane difficile per noi andare a brancolare.

"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare" E. Cioran

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