"Let me in, the voice cried softly,
from outside the wooden door.
Scattered remnants of the ship could be seen in the distance,
Blood stained the icy wall of the shore"
Contemporaneamente all'impazzare del grunge, sulle strade di Seattle, a rinnovare le sonorità dure e pure del rock classico, a Louisville ci si muoveva nella direzione opposta. Quattro ragazzi si apprestavano a segnare un' epoca e rifondare il rock. Appena due album e un singolo per gli Slint, una band che, come tutte le avanguardie storiche, è passata inosservata durante il loro periodo di attività, divenendo una figura di culto del rock moderno solo con il passare degli anni. L'influenza degli Slint sulla musica contemporanea (americana e non) è davvero spaventosa. Mischiando sapientemente hardcore, psichedelia, progressive e free jazz, pongono le basi di molti generi a venire e precorrono la strada intrapresa dallo slo-core e dal post-rock. Brian McMahan (voce e chitarra) assieme a Britt Walford (batteria), facenti inizialmente parte della mitica band hardcore “Squirrel Bait”, dopo l'incontro con David Pajo (chitarra) e Ethan Buckler (basso) formano nella seconda metà degli anni '80 gli Slint. Nelle prime sessioni dell'87, registrate con uno dei guru dell'hardcore, Steve Albini, emerge già la complessità di un sound che miscela in modo originale e atipico punk, acid rock e free jazz rivoluzionando i canoni della forma canzone. Nel 1987 esce “Tweez”. Un album quasi interamente strumentale fatta eccezione di qualche brano parlato (“Ron”, “Darlene”) e qualche voce in penombra. Un disco complesso e innovativo che vira verso forme di anarchia musicale. Chitarre derivanti dalla miglior tradizione hardcore, con accenni funk (Carol) e strutture ritmiche frammentate nello scorrere di divagazioni psichedeliche dall'aspetto idilliaco e puro (Nan Ding). Ogni brano è dedicato a un genitore del quartetto più il cane di uno dei quattro. Nella prima metà del disco ci troviamo di fronte a canzoni mediamente brevi. Arrivati alla quinta delle nove tracce contenute in quest'esordio, possiamo già renderci conto, ascoltando “Charlotte”, dell'inclinazione post del progetto, con ripetizioni minimaliste e dilatazioni immerse in arpeggi acidi e ossessivi. “Warren” è una cavalcata oscura dalla timbrica post-hardcore che appare quasi come una versione macabra della produzione degli Husker Du. “Pat” è un interessante e acido crossover bagnato da stupende linee di basso. La conclusiva “Rhoda” ha per protagonista una chitarra carica di feedback che tenta di spingersi verso zone armoniche.
Ma è nel '91 che la band si consacra con l'uscita di “Spiderland”. La componente alienante tipica del post-rock, trae le sue origine proprio da questo disco: il capolavoro assoluto del gruppo e una pietra miliare per il rock. Sei tracce, tutte caratterizzate da un lungo minutaggio. Il basso in “Spiderland” è suonato da Todd Brasher che subentra a Buckler. La forma dei brani si concretizza maggiormente rispetto a “Tweez”. Viene data priorità ad una certa qualità sonora, melodica, stilizzata ed inedita per l'epoca. Messe a fuoco le sonorità e le innovazioni intuite già nell'esordio, qui le si spinge verso aree inesplorate lasciandosi alle spalle la furia hc a favore di una onnipresente ricerca atmosferica. Già in apertura con “Breadcrumb Trail” si avverte l'allontanamento dalla forma canzone ed in un certo senso il superamento di stereotipi iconoclasti del rock classico. Puro minimalismo e semplicità pervasi da un senso agghiacciante di smarrimento. Con l'introduzione (qui diretta ed esplicita) del cantato, sussurrato e atonale, il ripetersi di melodie arpeggiate e l'uso di una distorsione timbrica e penetrante, si pongono le basi dei dogmi sonori imitati da moltissime band nel decennio a seguire. “Nosferatu Man” ci spinge in una dimensione paranoica portata dal susseguirsi di giri atipici di basso e feedback ululanti, per poi slanciarsi nel ritornello, verso furiose sonorità post-hardcore. “Don, Aman” appare come un incubo allucinato comprato a un mercatino dell'usato di seconda mano, sbilenco, frammentato, perpetrato senza alcuna regola che trascina la psiche in abissi tenebrosi, nell'incedere insistito dell'accordo e di un parlato smarrito. Poi con “Washer” si giunge al capolavoro per eccellenza dell'intera produzione post-rock. Una ballata inquieta, poetica e malinconica (“Goodnight my love/Remember me as you fall to sleep...I know it's dark outside/Don't be afraid/Everytime/I ever cried from fear/Was just a mistake that i made/Wash yourself in your tears...”) che ci culla nella sua lunga durata, tra arpeggi aggraziati e ipnotiche distorsioni sul finale, lasciando trapelare un talento sincero da songwriter dei quattro. Il romanticismo del brano è in ogni caso corrotto da digressioni caotiche e minimaliste; nonostante ciò “Washer” si delinea ugualmente come l'episodio più regolare dell'intera produzione degli Slint. “For Dinner” è il continuo affacciarsi nel silenzio di strumenti in penombra in crescita continua fino all'esplosione annunciata e mai avvenuta; un brano ermetico e tormentato come pochi. Arrivati in fondo al buio troviamo “Good Morning Captain” , un alternarsi di calma e irrequietezza: lo scontro e la tensione continua tra opposti, qui nel suo esempio più lampante e memorabile, a chiudere uno dei dischi che a distanza di vent'anni appare ancora fresco e attuale come non mai.
L'ultima uscita discografica degli Slint con il singolo da due tracce “Glenn/Rhoda” (registrate precedentemente con Albini), avverrà nel '94, a gruppo sciolto, per l'etichetta Touch and Go Records.Consiglio fortemente di ascoltare “Gleen” nei suoi svolgimenti drammatici, nel susseguirsi di percussioni meccaniche e tematiche fortemente ricercate ed uniche.
Tutti i membri del quartetto dopo lo scioglimento avranno modo di seguire dei diversi discorsi musicali. McMaham formerà “The For Carnation” (nei quali suoneranno anche Pajo e Walford) mentre Pajo, dopo aver pubblicato diverse opere sotto vari pseudonimi, collaborerà e farà parte di diversi gruppi tra i quali spiccano i “Tortoise”, gli “Zwan” (con Billy Corgan) e gli Interpol.Buckler entrerà nei “King Kong” e Walford continuerà suonando negli “Evergreen” e “Breeders”.
Nel 2005, Mcmaham, Pajo e Walford, tornano insieme per una serie di concerti in Europa e negli Stati Uniti, così come nel 2007 per un nuovo tour europeo e americano nel quale oltre alla ripresentazione di “Spiderland”, eseguono un pezzo inedito chiamato “King's Approach”.
La Touch and Go Record, intanto, tiene alta l'attenzione mondiale dichiarando che gli Slint hanno intenzione di lavorare su del nuovo materiale da raccogliere in un nuovo album da presentare entro qualche anno.
Gli Slint sono da considerarsi una delle band più innovative e importanti degli anni '90, avanguardisti come solo Sonic Youth e Joy Division erano riusciti ad essere negli eighties Coniando una musica penetrante, cerebrale, profonda e straniante, hanno portato alla maturazione di una generazione cresciuta tra l'ascolto dell'hardcore romantico degli Husker Du e la ricerca di una evoluzione musicale tangibile e concreta, la quale porta a dire che gli Slint potrebbero perfino aver rifondato il rock stesso nella definizione più pragmatica di post-rock.
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