Intro
Il 1994 è un anno cruciale. I Massive Attack danno alle stampe "Protection", il loro secondo album che li consacrerà per sempre come portatori di un nuovo verbo, accompagnati da due esordi discografici destinati a lasciare un segno altrettanto pesante, ovvero "Dummy" a firma Portishead e "Maxinquaye" del genietto che si fa chiamare Tricky. E' nato il trip-hop e Bristol sembra il centro del mondo. Ma non tutto accade lì. Poco distante dall'origine di questa singolarità cosmica, tra Londra e Oxford, un ragazzo appena ventenne ha da poco fondato la propria etichetta discografica con l'intento di produrre e diffondere le testimonianze di ciò che sta accadendo nel mondo dell' hip hop sotterraneo abitato da DJs e producers di mezzo mondo. Si chiama James Lavelle e alla sua creatura da il nome Mo' Wax.
Mo' Wax e Abstract Hip Hop
Ci tiene a precisarlo Lavelle. L'abstract è una cosa un po diversa dal Bristol Sound. Pur condividendo la natura downtempo (il tempo rallentato), l' utilizzo di grooves circolari ed ipnotici ed una buona dose di dub, Lavelle vuole che la propria etichetta sia caratterizzata da un sound preciso e differente da tutte le altre realtà. In casa Mo' Wax, infatti, la discendenza diretta con l'hip hop rimane un tratto distintivo molto più evidente rispetto agli artisti di Bristol, soprattutto per il suono minimale ricco però di breaks, trucchi e scratchs che le mani sapienti dei DJs coinvolti sanno creare. Non solo, la quasi totalità della musica prodotta è strumentale e attinge a piene mani dalla storia del jazz. La scena di Bristol, nata nei clubs, si rifà molto di più al soul, al reggae e al rock e la musica presenta un suono se possibile più "patinato", privo per l'appunto di eccessive "astrattezze". E ancora, mentre per Bristol si può parlare di una scena autoctona, il lavoro di Lavelle è incentrato nel richiamare Djs anche da altri continenti. Ciò nondimeno, sono numerose le testimonianze di stima reciproca e le collaborazioni tra questi due punti di oscillazione del downtempo. Si deve infatti alla mano di 3D, uno dei fondatori dei Massive Attack, proprio la copertina dell'album che ha ufficializzato la nascita dell' abstract hip hop: la doppia e monumentale raccolta "Headz".
Headz
La raccolta esce due anni dopo la fondazione dell'etichetta, due anni di intenso lavoro in cui Lavelle produce alcuni album e compilations ma soprattutto 12". Ormai il ragazzo, che nel frattempo comincia a farsi conoscere col moniker di U.N.K.L.E., ha focalizzato la propria attenzione verso una direzione sempre più sperimentale che lo ha portato a stilare la lista delle 18 tracce che compongono "Headz", una sorta di quadro formato da un insieme di instantanee distinte tra loro ma dotato di un mood sufficientemente omogeneo da poter funzionare come collante.
E' grazie a questo doppio che personaggi come DJ Shadow si sono imposti all'attenzione di un'audience sempre più esigente ed attenta alle nuove tendenze. Classici come In Flux e Lost And Found (che costò caro alla Mo' Wax per via di una causa intentata dai legali degli U2 per l'utilizzo del campione di batteria di Sunday Bloody Sunday) hanno prodotto quell'hype necessario affinchè la release dell'ormai storico "Endtroducing..." (Mo' Wax, 1996) fosse accolta nel migliore dei modi da stampa e pubblico. Anche U.N.K.L.E. sfrutta questa vetrina con il pezzo The Time Has Come, dove il contrabbasso campionato da Twin Stars Of Thence di Sun Ra (da "Lanquidity") dev'essere inteso come un atto di stima profonda che Lavelle nutre nei confronti del pioniere di Philadelphia. Successivamente vedremo U.N.K.L.E. impegnato col monumentale "Psyence Fiction" (Mo' Wax, 1998), intriso com'è di campionamenti e featuring ad opera di voci note come quelle di Tom York, Mike D e Richard Ashcroft.
Anche nomi come Nightmare On Wax, Authecre (quì presenti con l'ottimo Lowride), e Howie B. hanno beneficiato dell'esposizione ottenuta tramite "Headz".
Stranamente DJ Krush, per il quale la Mo' Wax ha prodotto un anno prima l'esordio "Strictly Turntablized", non è presente se non in una collaborazione proprio con Howie B. dal nome Olde Scottish, il cui Wildstyle, un bel funk interamente suonato, rappresenta in assoluto uno dei brani migliori di tutta l'opera. L'anno seguente il producer nipponico darà alle stampe "Meiso" (Mo' Wax, 1995) che dev'essere ritenuto, al pari di "Endtroducing...", una delle pietre miliari di tutto l'abstract.
Altre eccellenze (e quì entriamo in un ambito in cui è il gusto personale a dettar legge) le ritroviamo un po ovunque. Come nel caso dell'iniziale scura e psicotropa Freedom Now di David Patterson, contraddistinta dalla reiterazione del contrabbasso campionato da "A Love Supreme" di John Coltrane. Proseguendo l'ipnosi ci imbattiamo nei R.P.M. con il magnetismo di The inside e con 2000, dalle reminiscenze funk e jazz. Skull, ovvero il Travor Jackson di Playgroup e Underdog, è l'artefice del minaccioso Destroy All Monsters. Spetta invece ai Palm Skin Productions, vero e proprio combo di musicisti immersi nell'ibridazione tra elettronica e jazz, essere tra coloro in grado di raggiungere le vette più alte con la loro Slipper Suite.
In definitiva "Headz" rimane una sorta di manifesto stilistico ed estetico col quale schiere di producers e Djs hanno dovuto necessariamente confrontarsi negli anni a seguire. La grandezza di quest'album risiede anche nel fatto che non è affatto necessaria una sua contestualizzazione storica per essere apprezzato in pieno anche oggi.
a cura di Aldo De Sanctis
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